La tragica vicenda di Gabby Petito, una giovane donna americana, è iniziata come una semplice storia di viaggio, ma è presto diventata uno dei casi di true crime più discussi degli ultimi anni. Il suo viaggio in van con il fidanzato Brian Laundrie era un racconto che doveva celebrare la libertà e l’avventura, ma si è trasformato in un mistero che ha coinvolto migliaia di persone, diventate vere e proprie detectives da poltrona. Il documentario “American Murder: Gabby Petito”, disponibile su Netflix dal 17 febbraio 2025, cerca di fare luce su questa vicenda, utilizzando messaggi, video e estratti dai diari della stessa Gabby per ricostruire i fatti e le dinamiche che hanno portato alla sua morte.
La scomparsa di Gabby Petito: un viaggio che si interrompe
Tutto ebbe inizio il 2 luglio 2021, quando Gabby Petito e il suo fidanzato Brian Laundrie partirono per un lungo viaggio attraverso gli Stati Uniti. Il loro road trip, documentato sui social, sembrava un’avventura da sogno. Tuttavia, Gabby smise improvvisamente di postare sui suoi profili social il 25 agosto, pochi giorni prima della sua misteriosa scomparsa. Il 27 agosto, Gabby fu vista l’ultima volta a Jackson, Wyoming, e da quel momento il suo destino divenne un enigma.
La sua sparizione suscitò immediatamente preoccupazione, e i sospetti iniziarono a concentrarsi su Laundrie, che a sua volta sparì senza lasciare tracce poco dopo. Il caso attirò l’attenzione internazionale, soprattutto grazie alla presenza online di Gabby e alla curiosità che il suo pubblico mostrò, iniziando a fare congetture, raccogliendo indizi dai social e persino analizzando mappe di Google.
I “detectives da poltrona” e le teorie della cospirazione
Il caso di Gabby Petito ha mostrato quanto l’era dei social media possa influenzare l’indagine di un crimine. Inizialmente, i netizens (utenti dei social) si sono trasformati in investigatori amatoriali, scrutando ogni dettaglio dei post, delle fotografie e dei video pubblicati dalla giovane durante il viaggio. Alcuni di loro sono riusciti a identificare potenziali prove e addirittura hanno suggerito teorie della cospirazione, mentre altri hanno scoperto piste che sono state seguite anche dalle forze dell’ordine.
Questa massiva partecipazione online ha evidenziato il potere dei social nel risolvere casi di scomparsa, ma ha anche messo in luce i rischi di informazioni non verificate e ipotesi infondate che possono alimentare il caos. Sebbene l’intenzione fosse quella di aiutare, molti hanno messo in discussione la veridicità di alcune scoperte, dando vita a una narrativa amplificata e talvolta fuorviante.
Il mistero di Brian Laundrie: un indagato che diventa scomparso
La situazione si complicò ulteriormente quando, tra il 27 e il 30 agosto, la madre di Gabby ricevette due messaggi strani da parte di sua figlia: “Can you help Stan” e “No service in Yosemite”. Il primo messaggio fu particolarmente inquietante, poiché Gabby non chiamava mai il nonno per nome. Brian Laundrie, nel frattempo, comunicò in modo ambiguo con i suoi genitori, riferendo che “Gabby’s gone” (se n’è andata), senza mai fornire dettagli chiari su cosa fosse accaduto.
Quando Laundrie ritornò a casa in Florida il 1° settembre, il comportamento sempre più sospetto aumentò le preoccupazioni. Solo pochi giorni dopo, il suo nome venne inserito ufficialmente tra gli indagati, soprattutto quando emerse che aveva usato la carta di credito di Gabby senza autorizzazione.
Il 13 settembre, anche Laundrie scomparve nel nulla, suscitando una nuova caccia all’uomo online. Nonostante le ricerche frenetiche, fu solo il 20 ottobre che il suo corpo venne trovato senza vita nel Myakkahatchee Creek Environmental Park. L’autopsia confermò che Laundrie si era suicidato con un colpo di pistola alla tempia.
La rivelazione nei diari: la verità dietro l’omicidio
Accanto al corpo di Laundrie, fu trovato un diario in cui l’uomo ammise di aver ucciso Gabby. Secondo il contenuto del diario, avrebbe commesso l’omicidio per evitare che Gabby soffrisse a causa di una caduta da una scarpata. Tuttavia, i legali della famiglia Petito hanno contestato questa versione, sostenendo che fosse solo una giustificazione per le sue azioni.
Nel frattempo, le immagini delle bodycam di alcuni agenti di polizia che avevano fermato Gabby e Laundrie il 12 agosto 2021 sono diventate un altro pezzo cruciale della vicenda. I testimoni avevano segnalato una lite tra i due, con alcuni riferimenti a violenze fisiche da parte di Laundrie. Sebbene Gabby non avesse voluto denunciare l’accaduto, questi episodi hanno contribuito a consolidare l’immagine di Laundrie come uomo violento.
Il documentario “American Murder: Gabby Petito” su Netflix
La docuserie “American Murder: Gabby Petito” ha come obiettivo quello di fare luce su questa storia complessa, mettendo insieme i pezzi mancanti e risolvendo le zone d’ombra. Attraverso i diari, i messaggi e i video pubblicati dalla stessa Gabby, il documentario ricostruisce non solo la sua tragica morte, ma anche il contesto sociale in cui è avvenuta, mettendo in evidenza le difficoltà relazionali e i pericoli di una vita continuamente esposta sui social.
Questa vicenda non è solo un crimine da risolvere, ma anche un riflesso dei tempi moderni, dove la percezione della realtà e la vita privata sono costantemente influenzate dai social media, con tutti i rischi che ne derivano. La docuserie, quindi, non si limita a raccontare il caso di Gabby Petito, ma offre una riflessione più ampia sulla privacy, la violenza domestica e la solitudine che può celarsi dietro l’apparenza perfetta dei social network.